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Quanti dati personali sono disposto a cedere per utilizzare servizi digitali da una singola piattaforma?
La domanda, corrisponde a una questione di contemporanea importanza: l’utilizzo dei dati per accedere a servizi digitali.
Con l’avvento di Super-app, un singolo ecosistema digitale che consente di accedere ad una pluralità di servizi eterogenei tra loro intrecciando dati dell’utente provenienti da fonti periferiche differenti, la questione del dato personale diventa fondamentale per tale tipologia di servizio.
L’esportazione e adattamento di determinate tecnologie deve misurarsi anche con relazioni geopolitiche instabili nel contesto attuale, soprattutto tra Europa e Asia.
Il modello Super-app in Asia è dominante, in Europa farebbe fatica a divenire prevalente. Ciò è evidente per una serie di fattori come la cultura del dato connessa ai sistemi di regolamentazione, forme di stato europee differenti da quelle asiatiche che incidono sulla capacità di trattare il dato personale a fini commerciali.
Il dato in Asia
La tecnologia Super-app è il modello dominante in Asia; tale contenitore digitale o macro-applicazione promette di accedere a un’ampia varietà di servizi attraverso una singola applicazione presente nel proprio smartphone.
We-Chat in Cina è l’esempio predominante di tale applicazione; qualsiasi utente può prenotare taxi, cibo, pagare bollette e conversare con i simili tramite una singola piattaforma. Ciò prevede l’integrazione di dati differenti all’interno di una piattaforma dominante; il provider di We-Chat può accedere ai dati bancari, alla lista dei contatti, alla geolocalizzazione e ad altre forme di esperienza mediante una tracciabilità diffusa.
Tale attività si giustifica secondo fattori culturali e politici. L’aspetto collettivo è predominante per le culture asiatiche; l’utilizzo del dato personale, per consentire l’efficienza dei servizi quotidiani e generare dunque un equilibrio permanente, è particolarmente utile per l’omeostasi del sistema asiatico. Dal punto di vista politico, il tutto si traduce in forme di governo, dove il tracciamento e il “controllo” sono parte integrante di una società, ormai aperta al mondo ma che non trascura l’equilibrio interno come forma di gestione governativa.
Il singolo, inserito in una collettività diventa membro di un corpo unico che, dal punto di vista dell’economia digitale, decide di trasferire parte di se stesso, in questo caso i dati personali dell’utente, per una questione di armonia della società e per il funzionamento del circuito economico.
Il dato in Occidente
In Occidente assistiamo al “paradosso della privacy”. Da un lato concepiamo i dati sensibili e personali come fattori importanti della persona, quindi da proteggere e gestire con cautela secondo tradizioni politiche che interpretano determinanti diritti inalienabili del singolo cittadino. Al tempo stesso la diffusione delle tecnologie digitali invita i singoli utenti a “cedere” parte della propria privacy(dati sensibili e personali) per costruire un profilo digitale che sia verosimile alla controparte fisica. Ad esempio, chi tutela i diritti di un minorenne quando un genitore pubblica una sua foto su un noto social network di diffusione popolare?
Altro esempio calzante che mostra l’incongruenza del concetto della privacy al tempo delle piattaforme digitali, è lo scandalo “Cambridge Analytica “del 2018, dove i dati personali degli utenti di un noto social network site, vennero utilizzati da una società di terzi a fini elettorali per determinare flussi informativi che potessero influenzare l’opinione pubblica nel compiere determinate scelte alle elezioni del 2016 in USA.
Tal evento evidenzia il tema della gestione del potere delle Big Tech che estraggono quotidianamente Big Data dagli utenti per fini commerciali e pubblicitari. La scelta del singolo utente di cedere parte della propria privacy deve necessariamente tener conto delle finalità di utilizzo delle aziende che gestiscono tale ricchezza dei dati, chiedendo magari maggior trasparenza per una consapevolezza delle attività digitali per determinati fini: commerciali, politici, assistenziali ed altri ancora.
Altro tema contemporaneo è il divieto degli USA e del Parlamento Europeo di installare Tik Tok per il personale delle istituzioni governative[1], accusando in maniera esplicita il governo cinese di spiare i parlamentari, ovvero fare un uso di spionaggio a fini politici dei dati sensibili e personali degli utenti che accedono al social d’intrattenimento. Da questo punto di vista, Tik Tok diventa collante di una diatriba geopolitica che interpreta la questione del dato come minaccia per le democrazie; il rifiuto della tecnologia dal puto di vista dell’instabilità geopolitica diventa, quindi una condizione da non sottovalutare.
In merito agli elementi esposti, il modello Super-app, in Occidente(USA e UE) non può funzionare in questo momento in virtù di un’instabilità geopolitica e caratterizzazione della tecnologia nella richiesta d’incrociare una mole di dati differenti detenuti poi da un database definito “ostile”.
La domanda è: saresti disposto a rinunciare a una parte della tua privacy(dati sensibili e personali) per usufruire di tecnologie, come Super-app, che promettono l’accesso ad una moltitudine di servizi da una singola applicazione?
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[1] “Anche il Parlamento Europeo vieta Tik Tok ai dipendenti”, Ansa.